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Dall’impasse italiana non si esce con l’ennesima scorciatoia di “governo più forte e leadership solitaria”

PERCHE’ IL PD SIA UTILE ALL’ITALIA
Sei impegni da chiedere al futuro Segretario
di Fabrizio Barca
In uno scenario di persistente crisi culturale, sociale ed economica e di assoluta fragilità
politica, l’associazione PD si avvia a un Congresso difficile. Dovrà discutere del merito della
crisi e di cosa sia necessario fare ora per contrastarla. Ma dovrà anche gettare le basi di un
radicale rinnovamento del partito affinchè il paese cambi davvero. Sei requisiti minimi di questo
rinnovamento sono sufficientemente già chiari e sarebbe bene discuterne. Non sono, si badi
bene, modifiche da realizzare ora - non si cambiano le regole in corsa – ma impegni da
chiedere a ogni candidato Segretario. Impegni sui quali misurare la sua volontà di
rinnovamento.
Dall’impasse italiana non si esce infatti con l’ennesima scorciatoia di “governo più forte e
leadership solitaria”, né con alchimie istituzionali. Ma con una visione del futuro e con uno
Stato radicalmente rinnovato nei metodi e nelle persone, che presidi l’attuazione delle politiche
necessarie a realizzare quella visione, coinvolga i cittadini e utilizzi il patrimonio di conoscenza
del paese che è oggi tenuto fuori dai processi decisionali. Perchè ciò avvenga, è necessario che
la politica modifichi le sue forme, a cominciare dalla forma partito.
Occorre fare del partito, almeno del PD, uno strumento che, dialogando con associazioni e
movimenti attraverso un confronto pubblico informato, acceso e aperto, raccolga, aggreghi e
produca conoscenza e soluzioni condivise e informate sul “che fare” dell’azione di governo. È
questa la tesi della memoria politica che ho scritto in aprile1. E che ha trovato sostegno oltre
ogni aspettativa durante il “Viaggio in Italia”.
1 Un partito nuovo per un buon governo, di Fabrizio Barca
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Nonostante i giorni difficili, in cui il Viaggio si svolge, mi è apparso evidente che, quando
militanti e cittadini riconoscono una volontà di confronto, i luoghi nei quali si svolge la vita del
partito si affollano di persone del campo largo della sinistra e di ogni “sensibilità”, che
ambiscono a superare i problemi del paese e del sistema politico. Squarciando il velo
dell’apparato autoreferenziale e della contaminazione con lo Stato e ignorando per un istante i
comportamenti diffusi frutto di queste “male bestie”, il PD si presenta come una risorsa
sottoutilizzata, ricco di teste e di umanità, con robuste (ancorché non accudite) radici culturali,
liberali, social/comuniste e cristiano/sociali, e con una struttura territoriale potenzialmente
fortissima. Al paese serve che le male bestie siano scacciate e che la risorsa PD sia usata. Sarà
un lavoro di lunga lena. Ma va intrapreso. Ognuno di noi con i suoi mezzi.
Per compiere la svolta il PD ha bisogno di elaborare una visione del futuro del paese per cui
valga la pena di battersi e che si possa realizzare davvero. E deve darsi un’infrastruttura
cognitiva che gli consenta di funzionare come palestra emozionante di idee a livello europeo,
nazionale e locale e di selezionare classe dirigente. Sull’identità di sinistra e su questa
infrastruttura tornerò con due documenti in autunno, prima di completare il Viaggio. Ora, dal
confronto di questi mesi con militanti, simpatizzanti, antipatizzanti, dirigenti, amministratori,
intellettuali, tecnici e cittadini, nei territori e nel web, dai loro suggerimenti e dalle loro
reazioni, ho voluto estrarre 6 requisiti minimi che il PD dovrà soddisfare per avviare la svolta.
Sono “regole” che, guardando anche al resto d’Europa e del mondo, dove non mancano le
sperimentazioni, richiedono un’applicazione stretta dello Statuto, ovvero sue modifiche.
Insomma, sono gli impegni che chiedo, che molti chiedono, ai candidati a Segretario. Affinché
nella gara aperta per quella posizione concorrano opzioni diverse di rinnovamento, non
rinnovamento contro conservazione.
1. Un partito separato dallo Stato guidato da una leadership dedicata ed efficace
I doveri di cura e di diligenza dei dirigenti del PD, a ogni livello, devono essere fortemente
presidiati e visibili. Un partito impegnato in modo continuo nel confronto sulle idee e sulle
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questioni concrete richiede ai suoi dirigenti fatica e dedizione e la garanzia contro ogni possibile
conflitto di interesse. E richiede separazione dalle funzioni esecutive svolte nello Stato o negli
Enti locali.
Per quanto riguarda l’impegno alla cura del partito e i conflitti di interesse, si tratta di rendere
cogente il presidio del Codice Etico esistente (cfr art.3, commi 1 e 2). Va inoltre scongiurata (cfr
Codice etico, art. 3, comma 2, lett. b) la pratica dei doppi incarichi che, consolidando rendite di
posizione, impedisce il rinnovamento dei quadri politici e genera perdita di consenso. E’ infine
necessario prevenire la sovrapposizione di impegni che non è credibile conciliare: in particolare,
per il Segretario di ogni livello, va prevista l’incompatibilità con l’appartenenza a assemblee
elettive di livello territoriale diverso dal proprio (per esempio, il segretario regionale potrà essere
consigliere regionale, non deputato).
Per quanto riguarda la separazione fra partito e Stato, l’attuale art. 21, comma 2 dello Statuto
relativo a incandidabilità e incompatibilità negli organi esecutivi del partito va irrobustito e
rigidamente rispettato in modo da assicurare per i Segretari e i componenti delle Segreterie, a
ogni livello, nazionale, regionale e locale, l’incompatibilità con ogni carica istituzionale (nel
governo nazionale o quale assessore o Presidente o Sindaco di Regioni, Province, Comuni). Solo
in questo modo il partito potrà recuperare, nei fatti e nella percezione dei cittadini, il ruolo di
strumento della società, di intermediario credibile fra società e Stato.
2. Incarichi pubblici: un drastico taglio col passato in nome di merito e concorrenza
Consigli di amministrazione di società pubbliche partecipate e di banche e incarichi dirigenziali
in enti pubblici sono spesso frutto di intrecci opachi con le classi dirigenti dei partiti, a ogni
livello di governo. Ne deriva la selezione di figure inadatte alla funzione e la conseguente cattiva
gestione di questi enti. Ne deriva inoltre il fenomeno di una crescente selezione perversa che
attrae nei partiti figure, anche giovani, mosse dall’opportunità di accedere in modo privilegiato al
settore pubblico. Sta anche in ciò la profonda crisi di credibilità dei partiti. E la necessità per il
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PD di contrastarla per guadagnare la fiducia dei cittadini, adottando in questo ambito una misura
di grande rigore
L'art. 97 della Costituzione stabilisce che "agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si
accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge". Nel Decreto legislativo n.39/2013
vengono stabilite nuove disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi
non solo presso le pubbliche amministrazioni ma anche presso gli enti privati di controllo
pubblico. Il PD ha l’opportunità di muovere da queste regole e di applicarle in modo
particolarmente cogente, andando oltre gli obblighi normativi.
Coerentemente con il principio costituzionale ed estendendone la logica agli enti pubblici, ossia
all’intero settore pubblico allargato, il PD dovrà prevedere in Statuto un principio che riconosca
come incompatibili con l’iscrizione al partito (a maggior ragione quando si svolgono o si sono
svolte dentro il partito funzioni dirigenziali o cariche elettive) quegli incarichi dirigenziali o di
amministrazione nel settore pubblico allargato che non soddisfino un criterio così riassumibile:
• essere affidati con modalità di evidenza pubblica e la garanzia di concorrenza trasparente,
aperta e meritocratica nella selezione mediante valutazione comparativa di competenze ed
esperienze.
Per quanto lo si possa più precisamente specificare, il criterio si presterà ovviamente a
interpretazioni non univoche. Che tuttavia potranno essere progressivamente chiarite attraverso
la pratica. Per vigilare sull'effettiva trasparenza dei metodi di selezione si potrà infatti prevedere
il ricorso alle Commissioni di garanzia previste dallo Statuto: queste, giudicando ex post sulle
situazioni controverse, potranno sedimentare una giurisprudenza che presto costituirà punto di
riferimento certo per gli iscritti al partito. Ne deriverà anche l’incentivo ad adoperarsi affinché
modalità di evidenza pubblica siano adottate e diffuse.
3. Un Segretario a tempo pieno
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Dirigere il partito richiede cura, diligenza, impegno e tempo. Naturalmente questo vale in modo
rafforzato per il Segretario nazionale del partito, per la responsabilità dell’incarico e per la sua
carica simbolica. Il Segretario può svolgere la funzione di leader credibile e ascoltato, ancor più
in questa fase grave della vita del paese, se interpreta nello stile personale e nella visibile
separazione da ogni funzione esecutiva nello Stato l’autonomia della libera associazione
“partito”, il suo essere strumento della società.
Rispetto allo Statuto attuale (art 3), il nuovo Segretario dovrebbe dunque impegnarsi a introdurre
l’incompatibilità fra l’incarico di Segretario e quello di Presidente del Consiglio dei Ministri (o
di Ministro). E sarà necessario escludere l’automatica candidatura del primo alla posizione del
secondo. Andrà valutato con la massima attenzione se sia opportuno prevedere che il Segretario
possa aspirare alla posizione di Presidente del Consiglio. Depone a favore di tale ipotesi il
bagaglio di conoscenze ed esperienze maturato nell’esperienza di Segretario; va nella direzione
opposta il rischio che l’esistenza di tale prospettiva condizioni l’impegno e le scelte svolte
nell’esercizio della funzione di Segretario e pieghi il partito a suo comitato elettorale.
4. Un leader forte con un gruppo dirigente forte
L’autorevolezza e la capacità di leadership del Segretario nazionale, e la certezza e continuità nel
tempo del suo indirizzo politico sono indispensabili. Nel partito come in ogni altra grande
organizzazione esse derivano non solo dal suo ascendente diretto sugli associati e sull’esterno,
ma dalla sua capacità di fare sintesi delle idee e dei contributi espressi dai quadri più significativi
che l’associazione esprime, che devono farsi veicolo delle idee e degli impulsi dell’intero partito.
Insomma, l’autorevolezza del capo nasce e resiste solo nel confronto continuo con una squadra
di forte e riconosciuto valore.
Se, come è avvenuto in questi anni, le idee e contributi dei quadri più forti, a cominciare da
quelli che lavorano nei territori, non hanno l’opportunità di confrontarsi in modo acceso e
ragionevole in un organo collegiale efficace e credibile essi si esprimeranno ugualmente, sotto
forma di una successione di atti individuali che minano la leadership e la consumano. Ovvero
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troveranno composizione compromissoria e sempre temporanea in “caminetti informali”, opachi,
incomprensibili ai cittadini e chiusi al rinnovamento. Al fine di una guida robusta e non a
intermittenza del PD è dunque indispensabile l’identificazione di un gruppo dirigente essenziale,
pluralista, non romano-centrico, non urbano-centrico, che rappresenti anche il mondo del lavoro,
selezionato per merito, con cui il Segretario confronti in modo continuo le scelte.
Questo esito potrà essere conseguito adeguando la Direzione nazionale alla funzione di “organo
di indirizzo politico” che formalmente lo Statuto già le assegna (art 8). Tale funzione richiede
ovviamente che, come in ogni organizzazione, la dimensione dell’organismo sia drasticamente
ridimensionata dal pletorico numero di oltre 200 – che ne fa un’assemblea – a circa 20, tutti
compresi. Come disegnarne la composizione è compito sul quale i candidati a Segretario
nell’imminente Congresso potrebbero utilmente confrontarsi. La Direzione così ridefinita
potrebbe evidentemente riunirsi con elevata frequenza assicurando al Segretario la ricchezza di
confronto di cui necessita.
Parallelamente, l'Assemblea nazionale del partito potrebbe davvero essere chiamata a “esprimere
indirizzi sulla politica del partito” (art.4) e divenire luogo reale di discussione (capace di
valorizzare al meglio le diverse realtà territoriali) prevedendo la riduzione dei suoi membri a
meno di terzo di quelli attuali.
Appare invece appropriata l’attuale previsione di una segreteria tecnica ed esecutiva (art 7),
nominata dal Segretario nazionale che gli sia di supporto alle decisioni e all’istruttoria del
confronto politico continuo in Direzione. L’attribuzione alla Direzione di un ruolo di confronto
acceso e vero sull’indirizzo politico, consentirà al Segretario nazionale di non essere
condizionato da “appartenenze” nella selezione dei membri della segreteria.
5. Il potere ai “partecipanti”
Chi deve eleggere il Segretario e i gruppi dirigenti del PD? Quando si è in corsa, è bene ribadirlo,
le regole su un tema come questo non si cambiano. Ma al Segretario che sarà eletto dal
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Congresso dobbiamo chiedere di impegnarsi per un deciso cambiamento. Non in tema di
primarie per designare candidati e candidato premier, che in un partito separato dallo Stato è
questione radicalmente diversa. Ma in tema di elezione del gruppo dirigente e del Segretario
dell’associazione PD, a ogni livello.
Qui esiste una diatriba, fra “partito degli iscritti” e “partito delle primarie”. E’ una diatriba non
negoziabile perché è mal posta. Perché entrambe le soluzioni sono sbagliate. Per eleggere i
dirigenti del partito non basta essere né iscritto né avere fatto la fila per le primarie (quelle per la
selezione dei candidati alle elezioni). Piuttosto, è necessario essere un “partecipante”. Due sono
infatti i requisiti per selezionare bene i dirigenti di un’associazione: 1) conoscere le persone che
voti; 2) avere un incentivo a tenerle ben d’occhio mentre attuano il mandato. Per soddisfare
questi requisiti chi vota deve partecipare all’associazione. Devi essere un iscritto che partecipa
oppure un votante alle primarie che ha preso parte ad un’attività del partito.
Paradossalmente, l’apertura all’elettore delle primarie da un lato ha lasciato opacità nella
gestione della partecipazione degli iscritti, dall’altro ha sminuito le potenzialità partecipative del
simpatizzante del PD e della sinistra.
Mettere al centro il concetto di partecipazione consentirebbe un passo avanti su entrambe i fronti.
Legando l’iscrizione a una vera vita associativa del partito e creando nel partito stesso una sorta
di “sfera pubblica” critica e vigile, consentirebbe di spronare la partecipazione e di aggredire alla
radice i fenomeni delle iscrizioni dubbie, diffusi nel partito. Non riconoscendo diritto di voto alla
semplice partecipazione alle primarie, spronerebbe a concepire il “popolo delle primarie” come
una fonte di contributo attivo al partito e non di solo voto. E spingerebbe a costruire iniziative di
scopo che coinvolgano al di fuori del partito soggetti del campo largo della sinistra e
appartenenti ad associazioni caparbiamente indipendenti.
Come suggeriscono le idee operative raccolte nei circoli e le esperienze già esistenti, l’apertura
di un confronto sulle forme differenziate di partecipazione – partecipazione generale, da iscritto,
e partecipazione di scopo, prima di tutto – consentirebbe di trovare modalità trasparenti per
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registrarle e certificarle. E per introdurre, come in molte associazioni, la fattispecie della
decadenza dallo status di partecipante.
6. Il PD e la Rete: un appuntamento troppe volte mancato
Il sesto e ultimo impegno minimo da chiedere ai candidati a Segretario nazionale riguarda
l’utilizzo della Rete da parte del PD, oggi assolutamente inadeguato.
Sulla carta ci siamo. All’articolo 1 dello Statuto, fra i Principi della democrazia interna si legge
che il PD “assicura un Sistema informativo per la partecipazione (Sipa) … adeguato a favorire il
dibattito interno e a far circolare rapidamente tutte le informazioni necessarie a tale scopo” e a
consentire “a elettori e iscritti di essere informati, di partecipare al dibattito interno e di fare
proposte”. Ma il sistema non ha mai visto la luce. Le due piattaforme virtuali che ha ispirato -
“Circoli in Rete”, lanciata nel gennaio 2012 come portale di comunicazione per iscritti e strutture
territoriali, e la più recente “PD Live” – offrono alcuni servizi, collegando le periferie con il
centro, ma non consentono certo quanto assicurato dallo Statuto.
Sviluppando e integrando il lavoro fin qui svolto, è necessario che il nuovo Segretario si impegni
ad assicurare nel tempo di pochi mesi una piattaforma moderna che consenta a ogni circolo del
PD di svolgere almeno cinque funzioni:
1) Conoscere le esperienze di lavoro, di mobilitazione, di formazione, di disegno di soluzioni
che tutte le altre unità del partito stanno realizzando, per confrontare pratiche e apprendere.
2) Mettere le altre unità a conoscenza delle proprie esperienze, trovando in questa attività e nel
metodo che essa richiede uno stimolo al proprio agire.
3) Intercettare nelle comunità sociali della Rete (interessabili attraverso le prime due funzioni)
la disponibilità a possibili, nuovi contributi volontari, anche circoscritti e specialistici.
4) Alimentare il confronto sulla cultura politica, trovando e coltivando un raccordo da parte di
gruppi all’interno dei circoli con siti nazionali e internazionali di notevole spessore.
5) Esercitare in modo continuativo, e in raccordo fra circoli, un monitoraggio sulle
informazioni che la pubblica amministrazione fornisce in merito ai progressi dell’azione
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pubblica, usare ed elaborare queste informazioni, farne lo strumento robusto della propria
mobilitazione cognitiva e di ogni campagna elettorale.
Come avviene nella metodologia che chiamiamo “wiki” (dall’esperienza di Wikipedia), si
potrebbe così promuovere una mobilitazione di intelligenza collettiva che faciliti il
coordinamento fra individui, non precostituisca i soggetti partecipanti, e sia per sua natura aperta.
E’ un passo rilevante e dovuto nella costruzione di una moderna forma partito.
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L’insieme di queste sei requisiti è necessario per intraprendere la costruzione di quel PD che
molti desiderano e di cui ha bisogno il paese. Si potranno in particolare avviare il disegno e
l’attuazione di quell’infrastruttura cognitiva che, come in altri paesi, potrebbe consentire al PD
di affrontare una duplice complessità - quella dell’azione di governo e quella della costruzione
di cultura, partecipazione e consenso.
Il “partito palestra” - che offre lo spazio per confrontare molteplici conoscenze, imparare
ognuno qualcosa, confrontare errori, cambiare posizione, fare e costruire cultura e costruire
assieme soluzioni innovative per stare meglio e trovare gli strumenti e le idee per farle vincere –
può funzionare se mette a disposizione dei partecipanti al PD una nuova infrastruttura della
conoscenza, uno strumento al tempo stesso di lavoro, confronto e formazione. Sulle
caratteristiche di tale infrastruttura e sugli elementi di coesione identitaria tornerò prima di
concludere il Viaggio.

Massimo Moretti - Avvocato
Taranto, Piazza Ebalia,6 - Tel 0994590188 Fax 0994537873
P.I. 02029330731

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