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La legge è uguale per tutti, tranne che per i residenti ai Tamburi

Per il Giudice Fallimentare del Tribunale di Milano dr.ssa Macchi e per i dottori Gnudi, Laghi e Carrubba, Amministratori Straordinari di Ilva S.p.A. e di tutte le altre società del Gruppo Riva, compresa, dal 5 dicembre u.s., la ex Riva Fire S.p.A., oggi divenuta Partecipazioni Industriali S.p.A., le istanze di insinuazione al passivo della procedura proposte dai cittadini residenti ai Tamburi che si ritengono danneggiati per lo spolverio proveniente dai parchi minerali dello stabilimento Ilva, non possono essere accolte.

Anche se dette istanze sono basate sulla analitica elencazione delle numerose sentenze passate in giudicato sul reato di "getto pericoloso di cose" alla base dell'imbrattamento, nonchè su consulenze tecniche chiarissime e dati incontrovertibili circa l'esistenza di una massiccio fenomeno di intollerabili dispersioni di polveri  dai parchi minerali dello stabilimento Ilva che hanno imbrattato per anni gli immobili dei Tamburi e hanno ridotto sensibilmente la possibilità di godimento dei predetti immobili per i residenti, ed anche se si tratta di riconoscere un risarcimento per somme pressocchè simboliche (spesso si parla addirittura di poche centinaia di euro a persona).

No, queste istanze non vanno ammesse, dicono gli Amministratori Straordinari di Ilva, inflessibili.

Eppure alla base di quelle istanze c'è esattamente lo stesso inquinamento e la stessa dispersione di polveri che ha portato alla nomina da parte del Governo degli stessi Amministratori Giudiziari.

Senza quel conclamato inquinamento, infatti, non ci sarebbe nè la procedura di Amministrazione Straordinaria delle società del Gruppo Riva, nè gli Amministratori Straordinari.

Perchè adesso quell'inquinamento, che è presupposto della stessa nomina degli amministratori, per gli stessi Amministratori Straordinari non è più così certo? Perchè adesso i residenti ai Tamburi per gli Amministratori Straordinari devono dare la prova (diabolica?) dell'esistenza del "nesso di causalità" tra inquinamento e danni subiti? Perchè non è sufficiente fare semplicemente riferimento all'inquinamento ormai accertato in via definitiva e riconoscere il diritto al risarcimento ai proprietari di immobili dei Tamburi certamente vittime dello spolverio di polveri provenienti dall'impianto Ilva, sulla scorta delle sentenze del Giudice Civile del Tribunale di Taranto, che ha pensato ad un sistema di calcolo equitativo del danno basato sul valore catastale degli immobili?

Pensano forse  gli Amministratori Straordinari di evitare così pericolosi "precedenti", consapevoli che i cittadini dei Tamburi difficilmente potranno impugnare i provvedimenti di rigetto promuovendo giudizi di opposizione allo stato passivo?

Perchè si tratterebbe di promuovere dei giudizi presso il Tribunale di Milano e nessuno, senza avere la certezza di recuperare il proprio credito, è così folle da sopportare ulteriori spese di contributo unificato, bolli, notifiche e competenze degli avvocati per il riconoscimento di un diritto, quello al risarcimento, che nessuno vuole riconoscere e che resterebbe comunque quasi certamente un diritto non soddisfatto.

Certo, se le cose stessero così, si tratterebbe di un comportamento poco commendevole da parte degli Amministratori Straordinari. Un comportamento che si sostanzierebbe in un diniego di giustizia per i residenti ai Tamburi.

Con l'aggravante che le procedure non avrebbero alcun danno se ammettessero anche tutte le domande di risarcimento dei residenti ai Tamburi, per la semplice ragione che non ci saranno mai risorse disponibili per pagarle, trattandosi di crediti chirografari, cioè privi di privilegi. Ma almeno sarebbe passato un principio, un principio semplice e di solare evidenza: i proprietari degli immobili ai Tamburi hanno subito un danno dall'attività industriale di Ilva, e vanno risarciti. Punto.

A parole poi si invoca una sempre più fantomatica "soluzione politica", ma, intanto, di questa soluzione politica non si vede traccia alcuna (e su questo, e sulla efficacia della classe politica jonica, verrebbe da stendere un velo pietoso), e nel frattempo si fa di tutto per negare ai residenti dei Tamburi qualsiasi giustizia, anche simbolica.

Perchè è evidente che, malgrado dietro il banco del giudice del Tribunale di Milano si legga: "la legge è uguale per tutti", per i residenti ai Tamburi evidentemente la legge è diversa; sono ammesse delle deroghe, troppe deroghe, e tutte contro gli interessi dei tarantini.

Ce n'è per essere incazzati? Direi di sì.

Ma oltre ad incazzarci, abbiamo un piano per venirne fuori? Abbiamo qualche idea su come garantire un simbolico risarcimento ai cittadini inquinati di Taranto?

 

Massimo Moretti - Avvocato
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