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Orlando: basta gogne mediatiche per chi è solo indagato. Ma basta il controllo dai magistrati?

In una intervista rilasciata oggi al quotidiano La Repubblica il Ministro Orlando dichiara: "... in questa stagione nessuno ha mai cercato di depotenziare il lavoro dei magistrati: Quello che si chiede è che almeno sino alla pronuncia di un giudice terzo, pm e giudici vigilino sui rischi di cortocircuiti mediatici o sulle strumentalizzazioni politiche prima di tutto nell'interesse dell'esito processuale. Parole in questo senso sono venute pochi giorni fa da un autorevole consigliere del Csm, Luca Palamara, già presidente dell'Anm, segno che le cose sono davvero molto cambiate rispetto al passato".

Io dico, ottimo l'intento, molto vacuo e del tutto insufficiente il metodo che si intende utilizzare per raggiungerlo.

Mi spiego: si chiede alla magistratura di "vigilare", sino a quando un giudice terzo avrà giudicato (quindi diciamo sino al rinvio a giudizio da parte del GIP/GUP) affinchè non ci siano "strumentalizzazioni politiche" o "cortocircuiti mediatici", ovviamente nell'interesse dell'esito processuale.

Il Ministro sa bene che la fuga di notizie non dipende dalla "vigilanza" dei magistrati, che al massimo potranno astenersi dal fare conferenze stampa, ma dalle maglie larghissime del sistema procure/polizia giudiziaria/cancellerie.

Il Ministro sa bene, inoltre, che spesso addirittura atti ancora coperti dal segreto istruttorio, come quelli delle indagini, vengono pubblicati su testate giornalistiche e propalati on line prima ancora che di essi siano venuti a conoscenza gli indagati.

Quante volte sentiamo la dichiarazione dell'indagato di turno che: "apprende dalla stampa" di essere indagato?

In uno stato di diritto che funziona questo non può e non deve accadere.

Si potrebbe agire sulle regole deontologiche della categoria giornalistica, inasprendo le sanzioni in caso di pubblicazione di atti coperti dal segreto istruttorio, o comunque ancora non conosciuti dall'indagato, e già sarebbe una risposta più efficace.

Si potrebbe aprire un percorso agevolato per il risarcimento di chi fosse sbattuto come indagato sui giornali senza aver ricevuto neppure un avviso di conclusione indagini.

Si potrebbe provare a inserire negli accordi intervenuti con i proprietari dei maggiori siti di social media sulla "post-truth" (post-verità), anche questa ulteriore branca di "truth" (verità) che dovrebbe essere "secret" (segreta) e che invece diventa "public" (pubblica).

Poi la vigilanza dei magistrati ben venga, certo. Ma da sola rischia di essere solo un pannicello caldo

Massimo Moretti - Avvocato
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